Intervista alla Dr.ssa Silvia Superbi esperta di Fundraising & Sviluppo Enti del Terzo Settore Consulenza e formazione.

 Che futuro intravede per le associazioni e le non profit che operano in questo ambito?

“Il Terzo Settore può cambiare il mondo”, questa è l’affermazione che spesso sentiamo tra esperti del settore, comunicatori e dirigenti di Organizzazioni Non profit (ONP).

Certamente non è necessario essere premi nobel per tentare di cambiarlo il mondo, ciascuno di noi nel suo piccolo può essere un change maker, un attivatore di cambiamento, e mai come in questo decennio lo abbiamo potuto vedere.  L’emergenza pandemica poi, con l’impegno dei tanti operatori coinvolti, le campagne di raccolta fondi attivate, il coinvolgimento di aziende e fondazioni, lo ha dimostrato ampliamente.

La pandemia ha attivato la coscienza di molti, anche quelli che non donavano fondi o non si attivavano di fronte alle emergenze del pianeta: questa è stata l’emergenza di tutti, l’emergenza che è arrivata a casa nostra, nelle case di tutti. E il mentre Terzo Settore in ambito sanitario e ospedaliero ha visto arrivare risorse mai viste prima, gli altri ambiti hanno rischiato di perdere i loro donatori, insomma la pandemia ha portato conseguenze anche qui, come in ogni altro ambito della società.

Le Organizzazioni del Terzo Settore, una galassia di ONG, Cooperative, Onlus, OdV, Imprese Sociali, Fondazioni e altre forme giuridiche*  vanno a formare un gruppo di più di 340.000 enti, con quasi 1 milione di dipendenti e 6,5 milioni di volontari cioè quasi il 10% dell’intera popolazione, oggi rappresenta l’8% del comparto produttivo italiano. Un settore in crescita con tanti obiettivi da realizzare, tanti perché si occupa dei più fragili, dei bisogni non tutelati, dei diritti ancora negati, della dignità delle persone, mette al centro il futuro del pianeta e i problemi dell’umanità. Nasce in base al principio di sussidiarietà e all’antico spirito volontaristico della nostra nazione, laddove non arriva lo Stato né il Privato, il primo per scarsità di risorse, il secondo perché non individua l’interesse di business, ecco lì arriva il Terzo Settore.

Il TS ha colmato le lacune del nostro Welfare? Certamente in parte sì, con alcune grandi e super-strutturate organizzazioni, capaci nella strada verso la loro buona causa, e con tante altre medie e piccole organizzazioni non sempre caratterizzate dalla stessa efficacia. E’ apparso spesso come l’ambito dove si “fa quel che si può”, tanta gente di buona volontà, con la forza della buona causa e del giusto.

Ma la buona causa non basta, e la pandemia ha evidenziato i limiti di alcune organizzazioni, sia di quelle che hanno perso donatori perché tutti concentrati sul problema Covid, sia di quelle che si sono trovate a gestire tanti fondi ma non sempre con le competenze appropriate.

Il futuro che vedo dipende prima di tutto dal Management delle ONP. Finche non usciranno dalla vecchia mentalità che le ONP devono realizzare progetti costando il meno possibile, continueranno a ridurre i costi dell’organizzazione, si baseranno sulla buona volontà o sulla provvidenza, sull’onda del momento e su quello che accade, il Terzo Settore non evolverà e non sarà capace di farsi elemento di trasformazione della società. Non riuscirà ad assolvere a quella missione di changemaker che tutti si aspettano.  E non facendolo rischieranno di perdere la fiducia dei sostenitori, un cane che si morde la coda da anni.

Serve un cambiamento culturale, un investimento nello sviluppo delle organizzazioni. Parlare alla pancia aiuta a fare cassa nell’immediato, ma non risolve le grandi sfide che ci troviamo ad affrontare. Per alcune organizzazioni serve dunque un cambio di passo: più aumentano i bisogni sociali e le complessità e più le organizzazioni devono crescere in visione strategica, competenza, capacità di gestione ed efficacia.

*(in trasformazione tra l’altro, vista la recente Riforma del Terzo Settore)

Una società più inclusiva, aperta alle diversità, passa anche da un cambio culturale e di comunicazione: che ne pensa?

Concordo pienamente e trovo che il terzo settore abbia un ruolo cardine in questo processo.

Una cosa è ormai chiara a tutti: le ONP possono, anzi devono fare la differenza, cambiare il mondo, influenzare la società e il suo sviluppo inclusivo. Esse possono innescare valore positivo non solo per l’obiettivo di buona causa che intendono raggiungere, ma anche per come lo fanno e per le azioni che portano avanti durante il percorso, con quale impatto sociale e soprattutto coinvolgendo altri stakeholder in un processo virtuoso che porta a benefici per l’intera società.

Ma prima di portare questo cambiamento nella società il Terzo Settore dovrebbe cercare di cambiare prospettiva, provare a pensare di offrire alla comunità benefici in termine di prestazioni con valore aggiunto, non più solo di servizio volontaristico che arriva dove può. Così come una azienda, anche il Terzo Settore ha bisogno di investire risorse in struttura e ha bisogno di tempi, e mi riferisco anche 5-10 anni, per realizzare dei progetti che portino ad un vero cambiamento sociale.

La pandemia ha evidenziato il ruolo del Terzo Settore e la prospettiva ambiziosa di cambiare il mondo, di incidere verso una società più inclusiva, che passa certamente da un cambio di paradigma culturale e in comunicazione.

Il primo cambiamento potrebbe essere prima di tutto quello del Terzo Settore, investendo nel loro sviluppo, nella crescita delle persone che ci lavorano, nella capacità di comunicare e di differenziarsi. Immaginiamo il futuro dei nostri figli: quante organizzazioni esistenti oggi saranno sostenute da loro? Non si tratta di allontanarsi dall’idealismo che anima tutti noi che lavoriamo in questo settore con passione e tenacia, ma di investire in sviluppo, organizzazione e skills, per essere sulla strada dei donatori di domani: forse dunque il primo cambio culturale per assicurare una società più inclusiva è proprio questo, quello interno al Terzo Settore, potremo partire da qui.

10 maggio 2021

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